mercoledì 6 novembre 2013

Ghita racconta il Suo Mondo a "Il Pane e Le Rose" in un live ironico ed intenso tra omaggi ai grandi del passato e i pezzi del suoi primo disco

Ghita 
Report e intevista di Daniele Crescenzi
Foto di Guglielmo Spagnoletto
Un cappello di feltro nero su di un supporto in legno, con in basso la copertina del disco, due sedie, due chitarre, un ukulele ed una voce. Semplice scenografia, in un piccolo e confidenziale locale in quel di via Ennio Quirino Visconti chiamato il “Pane e Le Rose”. Un concerto in acustico, talmente semplice ed informale, da risultare piacevole in maniera assoluta. Complice di questo piacere, sicuramente un’artista veramente fuori dalle righe come Ghita Casadei, meglio conosciuta solo come Ghita. Artista versatile ed eccellente, assume nella sua personalità tutte le sfaccettature della canzone d’autore moderna: ironia, richiamo alle radici, riscoperta dello swing, riflessività, spensieratezza, introversione. Volubile, come intitola una sua canzone, sicuramente capace di suscitare tante e differenti emozioni. Accompagnata da Simone Battista alla chitarra in un duo acustico nel riservato locale, Ghita da il meglio di se, sentendosi liberamente a suo agio, concedendo agli avventori del locale, momenti veramente belli e divertenti. Scopriamo in Ghita una capacità di intrattenimento unico, fatta non solo di canzoni, ma di simpatia,aneddoti divertenti, performance quasi teatrali, degne della sua grande passione per la sesta arte. La riproposizione di classici del repertorio d’autore italiano, ma anche della canzone napoletana, come “M’Aggia Curà!”, cantata e recitata con indicibile destrezza, dove si rivede in Ghita anche la “ricercatrice”, quasi “l’esperta”, dati i suoi studi in Storia del Teatro, colei che approfondisce la cultura dell’arte scenica e la ripropone al pubblico che sta li ad ammirarla, rivalutando la canzone popolare e la canzone-teatro, dandole una nuova personalità.
Ghita accompagnata dal chitarrista Simone Battista
 Sa essere una moderna caricatura della “sciantosa” napoletana per poi, divenire vamp e maliarda quando omaggia il mito di Marilyn Monroe e la sua “I Wanna Be Loved By You” immortale manifesto della ‘diva’ Marilyn regina assoluta di ogni donna fatale e sirena seduttrice. Diventa dolcissima e tenera, quando fa sua, con una splendida rivisitazione il brano “Con Una Rosa” grande successo di Vinicio Capossela. Poi cambia ancora, e torna brillante quando omaggia il Quartetto Cetra. Per poi concludere con la passione ed il tormento del suo brano “Per Quello Che Sono” che da il titolo al suo disco d’esordio. Ghita è tutto e di più. Sia quando interpreta le sue canzoni, sia quando omaggia i vecchi artisti, da lei tanto amati, che hanno un po’ fatto la storia della musica d’autore. Il suo stesso stile di cantare e di comporre canzoni richiama l’epoca d’oro dello swing italiano. Brani come “Mio Bel Fior” o “La Donnina Conturbante” sembrano pescati da Ghita chissà in quale raro disco di quale sconosciuto autore dimenticato. 
In realtà sono brani recentissimi creati da questa straordinaria artista, sulla falsa riga di quello che era la musica dei nostri nonni. Perché poi tutto parte da li. Non si tratta di essere ‘vintage’ ma si tratta di essere grandi intenditori di musica. Della grande musica. "La Donnina Conturbante", uno dei suoi pezzi più richiesti dal pubblico, fa da apripista all'esibizione. Un'esibizione live in acustico che scorre veloce. "Mio Bel Fior"(brano per il quale è stato realizzato il video musicale), segue subito dopo. Poi ancora è la volta di “Mani di Sabbia”, bellissimo pezzo molto suggestivo, dalle atmosfere melodiche molto mediterranee, dove si sente un minimo di contaminazione ed un richiamo alla terra, sia nel testo che nella musica. Si ritorna allo swing, con “Girotondo Delle Tre” che rappresenta uno dei primi brani scritti dalla giovane autrice romana. Ghita innesta grandi classici della musica internazionale con i suoi brani in maniera disinvolta e briosa, generando un florilegio perfetto. Propone brani non inseriti nel disco d’esordio “Per Quello Che Sono”, come “Ascoltando l’Alba” e “Ballo Cinico”, omaggia il cinema e le donne, con l’omaggio assoluto a Marilyn e a Rita Hayworth(“Put The Blame On Mame” suonato all’ukulele come una moderna Gilda, è degno di nota). In buona sostanza, Ghita si è presentata come  un’artista completa, giovane ed interessante, capace di coniugare vari generi e vari arti, miscelando nella musica che fa o che interpreta le varie influenze del teatro, del cinema e del folklore nazionale ed internazionale. “Volubile” senza dubbio, come una sua canzone, ma non solo, l’arte di Ghita è molto più che volubile. Sicuramente sopraffina, a tratti sfuggente, ma senza dubbio ricca di contenuti davvero significativi.
A corollario della serata Ghita ha simpaticamente risposto alle nostre domande. Ne è venuta fuori un'intervista 'a braccio' molto bella e spiritosa con questa straordinaria artista,  formatasi al D.A.M.S. studiosa di teatro e di musica d'autore.

Ghita, vorrei subito parlarti di una cosa che ci ha colpito del tuo disco. Si tratta dell’interpretazione di “Come Pioveva”, un omaggio ad Armando Gill. Si tratta di un brano del 1918, che fu rifatto negli anni ’70 dai Tweets. Tuttavia tu, nel disco reinterpreti la versione originale. Come ti sei accostata a questo autore così indietro nel tempo?

“In realtà si tratta di una versione rivisitata. L’originale essendo del 1918 è una cosa davvero molto vintage. Armando Gill è l’autore di questo brano, fu uno dei primissimi artisti italiani a scrivere e cantare i suoi pezzi, quando ancora la figura del cantautore era lungi dall’apparire sulla scena della musica italiana. Storicamente si può definire il “primo cantautore italiano”, anche se il termine proprio ‘cantautore” è venuto fuori più di recente. Era noto come Armando Gill, ma in realtà il suo vero nome era Michele Testa e quando veniva presentato negli spettacoli si diceva “musiche di Michele Testa, canta Armando Gill!” Ho semplicemente studiato queste cose, mi sono imbattuta in queste situazioni, il testo della canzone mi piaceva e allora ho voluto omaggiare questo “primo cantautore italiano” nel mio disco.”


Tu hai una formazione di studi che si è approfondita sulla Storia del Teatro. Il teatro è una tua grande passione, come la musica del resto. Quale passione è nata prima? Oppure sono nate contemporaneamente?


“Ho iniziato a cantare da molto piccola. La musica e il canto sono state sicuramente il mio primo “movimento” artistico. Il teatro è stata una ‘reazione’ una continuazione della passione per la musica.”


Come è nato l’album “Per Quello Che Sono”?


“L’album è stato ‘pensato’ molto tempo fa. Sono tanti anni oramai che io e Simone (Battista n.d.r.) e gli altri ragazzi suoniamo insieme. Io dico sempre che loro mi ‘sopportano’ più che mi ‘supportano’ da almeno dieci anni. Quando la formazione ha trovato una sua stabilità definitiva ed un suo equilibrio, abbiamo deciso di buttare giù le idee per creare questo album. All’interno di “Per Quello Che Sono” ci sono brani più vecchi, altri più recenti. Non sono nate tutte insieme le canzoni. Spero che a questo ne segua un altro.”


La particolarità di questo disco è la presenza di canzoni che spaziano molto per generi e forme l’una dall’altra. Ci sono brani in puro stile swing anni Cinquanta, brani influenzati dalle atmosfere della musica popolare e della cultura mediterranea, brevi concessioni al pop. Tu spazi veramente molto …


“Questa è una critica che molti mi muovono: il non soffermarmi mai su di un genere ben preciso. In realtà è una cosa che mi viene spontanea. Non è nemmeno voluta. Non mi sono mai trattenuta su di un genere perché non sono proprio la persona che si mette li a dire: “facciamo una canzone in questo stile e poi facciamole tutte così.” Spesso quando arrangiamo le cose insieme, io con i ragazzi, l’indirizzo è proprio quello di muoverci su direzioni eterogenee. Cerchiamo solo di essere fedeli a noi stessi e di creare cose che tuttavia ci somiglino e rispecchino la nostra personalità in ogni senso.”


Tu componi traendo spunto da momenti ben precisi della tua vita, quasi istintivamente, di getto, oppure fai un discorso più razionale, del tipo: “voglio fare una canzone così …” e quindi ti metti al lavoro per realizzarla, facendo un lavoro più ricercato?


“Sui testi c’è un po’ di ricerca. Li per li se mi viene una cosa da scrivere, la scrivo di getto su di un pezzo di carta o qualsiasi cosa sulla quale possa scrivere e che mi capiti tra le mani. Poi ci lavoro su con calma, mi ci metto a ragionare sopra. La propongo ai ragazzi della band, ci confrontiamo e alla fine viene fuori il brano.”


Racconti qualche cosa di esperienze personali in questo album?


“Si. Ci sono delle situazioni vissute, da me o che magari non riguardano me direttamente, ma sono cose che ho sentito, cose vissute insieme o che hanno in ogni caso pervaso la mia sfera personale. Cose vissute dalle persone che mi sono accanto.”


E poi tu le metti in musica …


“Beh, ci si prova!”



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